venerdì 27 febbraio 2009

Palme e martello















Kovalam, 1 novembre 2008

Riprendo la narrazione dopo una lunga interruzione dovuta a rivolgimenti vari della mia vita, forse in parte dovuti anche a questo viaggio. Ma non sono nemmeno a metà e sarebbe un peccato interrompersi. Inevitabilmente, passati ormai più di tre mesi dal mio ritorno, la memoria comincia a incepparsi e a intrecciare il suo filo con le sensazioni attuali. Non l'India di ottobre e novembre, ma l'India di adesso. La memoria non è un deposito ma un atto creativo, un processo di fusione a freddo del tempo passato a uso e consumo del presente.

Da Kanyakumari a Kovalam il viaggio è breve. Sarà anche perché mi sono ripreso, ma l'atmosfera sulle strade mi pare cominci a cambiare. Rispetto al Tamil Nadu, si nota che stiamo entrando in uno stato più ricco e 'ordinato'. Il Kerala infatti è uno degli ultimi posti al mondo dove governano i comunisti. Precisamente dal 1957. Democraticamente eletti. Ancora con questa storia dei comunisti democratici? direte voi. E' vero, non si può mai stare tranquilli. Tra l'altro mi risulta che né Berlusconi né Veltroni l'abbiano mai citato fra gli esempi di "miseria e morte". Forse perché è da sempre uno degli stati più ricchi e progrediti dell'India (il tasso di alfabetizzazione è vicino al 100%)? Oggi molti dicono che il "modello Kerala" sia in crisi, ma io sono notoriamente di parte e mi rilasso osservando che persino il traffico è meno caotico e i paesaggi si ammorbiscono di colline ricoperte di palme e bananeti. Qui e là, discretamente, campeggia qualche bandiera con falce e martello. Insomma il paradiso dei fricchettoni, che qui troverebbero il loro connubio ideale senza dover ricorrere all'eterno ma ormai impresentabile Fidel.

Prima di arrivare a Kovalam c'è tempo per fare una sosta in uno dei più spettacolari complessi architettonici del Kerala e probabilmente di tutta l'India del sud, il palazzo dei raja di Padmanabhapuram. Sekhar mi lascia di fronte l'entrata del palazzo e rimango istantaneamente colpito dalla delicatezza del complesso, una serie di edifici prevalentemente di legno, in uno stile lontano da ciò che normalmente associamo a un'architettura tropicale. Piuttosto la presenza del legno scuro intarsiato e dei tetti spioventi lì per lì mi ricorda un incrocio fra una colonia bavarese e la deformazione disneyana di una pagoda. Confuso ma felice, mi affido alla solida guida del Touring: "Da questa sede sfarzosa i sovrani di Travancore regnarono su un'ampia porzione del territorio keralese tra il XVI e il XVIII sec." Scoprirò poi che in realtà le influenze europee e cinesi non sono affatto estranee al luogo, giacché i sovrani dell'epoca avevano stretti legami commerciali con l'uno e l'altro continente.