domenica 3 marzo 2013

India del nord

Delhi-Jalandhar, 1 marzo 2013


In India il bisogno o la necessità di gestire i normali atti quotidiani - respirare, mangiare, bere, spostarsi - ci costringono a sopprimere o almeno rallentare le attività della mente che assillano normalmente noi occidentali. Per quanto possa sembrare paradossale, il repertorio di ansie, aspettative, fastidi e paranoie arriva così rapidamente a collassare che ci rimangono due possibilità: soccombere o abbandonarsi. (Non contemplo una terza possibilità: tornare indietro col primo volo.). Anche questa volta dunque, dopo le prime e immancabili difficoltà, ho scoperto la dolcezza dell'abbandono. Il flusso degli eventi ha cominciato a scorrere nel verso indiano all'arrivo alla stazione dei treni di New Delhi. All'areoporto Indira Ghandi e nella nuova metro fiammante infatti l'illusione di trovarci in una modernità qualsiasi ci culla per il breve tragitto (quaranta minuti) che separa la nuova India imperiale dalla vecchia India post-coloniale.
Ho nella memoria del telefono un biglietto già acquistato per Jalandhar e devo stamparlo, ma arrivato all'interno della stazione un signore che controlla una delle dozzine di file che si snodano da ovunque e per ovunque mi blocca e mi chiede di vedere il mio titolo di viaggio. Gli mostro lo schermo del telefono e mi comunica, in modo più allarmato di me, che sono in una "waiting list". Faccio presente che ho regolarmente acquistato il biglietto e che ho anche il numero di vagone e cuccetta, ma lui non si fa scoraggiare e mi spiega che devo stampare il "vero" biglietto e l'unico modo per farlo è recarmi in un ufficio governativo a Connaught Place. Potrei insospettirmi ancora di più, ma la cosa è talmente assurda che è probabilmente vera. Di fronte al mio visibile smarrimento il signore mi invita a tirare fuori la mappa della città, ma sono così imbranato che si impietosisce: "What country are you from Sir?", "Italy", rispondo, e come quasi sempre accade quello esclama: "Sonia  Ghandi!". "Ok, I will help you Sir. Sonia Ghandi is a great politician, you know". Abbandona il suo incarico di ispettore della fila (?) e mi accompagna fuori, verso gli autorisciò; mi anticipa che non devo pagare più di 50 rupie per andare a Connaught e quando arriviamo al cospetto di un taxi (ma sarà un suo compare?) quello spara 150 rupie, ma lui risponde 50 e l'altro ovviamente accetta. Ormai sono nelle loro mani, potrebbero portarmi ovunque, pestarmi e derubarmi, ma in qualche modo, come sempre, non ho altra scelta. Sono le 17 e in teoria il mio treno parte alle 20. Tre ore a Delhi sono tre minuti a Dusseldorf. Il tassista è il solito tassista indiano, cioè un criminale, ma per fortuna il posto è vicino. L'ufficio governativo ha l'aria di essere abbastanza realistico, per cui dopo che un tipo che ciondola là di fronte anticipa le 50 rupie al tassista che non ha il resto (ma chi è? da dove sbuca?) entro in questo strettissimo locale su due piani. Al primo piano c'è un tipo losco con barba di tre giorni che traffica in un cassetto per cambiarmi i soldi, mentre altri tre o quattro individui guardano distratti. Salgo con le valigie degli strettissimi gradini e altri due signori (un po' meno loschi) mi fanno accomodare dentro un ufficio 3x2 e dopo aver consultato il mio cellulare mi confermano che ero in waiting list. Il controllore della fila aveva ragione! Non cerco di domandarmi nemmeno per un secondo se sia tutto combinato, ma se lo fosse ci sarebbe da complimentarsi e tante pacche sulle spalle. Guardando lo schermo, quello seduto alla scrivania fa: "This ticket is ok Sir".  Sono così felice che potrei sborsare qualsiasi cifra per avere il biglietto in mano, ma quello invece soavamente digita un secondo sulla tastiera e me lo stampa. Non mi chiedono una rupia per il servigio e il mio cervello ormai ha staccato completamente i collegamenti con ciò che restava del modo di ragionare occidentale. Non so come un cognitivista analizzarebbe tutto questo, ma ogni volta che arrivo in India mi sembra di avere bisogno di una testa di ricambio, la cerco e fatico a trovarla e montarla, ma dopo un po' quella appare e ti guida, portandoti in luoghi dove mai avresti pensato di arrivare - vivo.
Dopo aver cercato - invano - di acquistare un biglietto di ritorno Jalandhar-Delhi (è tutto pieno!) il tipo losco al piano terra (ma che razza di rapporto c'è fra i due piani?) si offre di aiutarmi a trovare il treno, ma dopo una consultazione del terminale si arrende anche lui, salvo offrirmi una "AC car" per la modica somma di dodicimila rupie... Penso che sia un maledetto estorsore e voglio andarmene dal quel buco, ma dopo qualche domanda sul mio stato di famiglia, professione, motivi del viaggio, ecc. si ritiene soddisfatto e mi dà un'informazione che mi salva: il Jammu Mail, il mio postale con un nome di Jazz Session, parte da Old Delhi, non dalla stazione da cui provenivo! Ecco un'altra prova che in India è spesso impossibile (e forse inutile) valutare l'attendibilità del nostro interlocutore, per il semplice fatto che la stessa persona può modificare radicalmente il suo atteggiamento e svelare (o meno) informazioni quasi sempre parziali e nondimeno strategiche: in questo caso solo dal confronto di tre fonti orali diverse è stato possibile completare il puzzle, riuscendo a capire qual è il mio treno, da dove parte e a che ora.
Un po' provato dalla faccenda esco e cerco un autorisciò che mi porti a Old Delhi. Un signore distinto tanto per cambiare s'impiccia e mi consiglia di non farmi fregare più di 60-70 rupie, ma dopo un paio di tentativi accetto di pagarne 100. Sono in viaggio da quasi 24h e non mi pare il caso di impuntarsi.
Il secondo tassista è decisamente più criminale del primo e non oso domandare quanto ci impiegheremo, chissà di cosa sarebbe capace. Saranno passati 25 minuti di traffico ma sembrano tre ore sulla sedia del dentista, quando il tassista mi indica trionfante la fatiscente Old Delhi. Ce l'ho fatta! Sono solo le 18 e posso finalmente sedermi e schiarirmi le idee bevendo un chai caldo con biscotti in piedi di fronte ai tabelloni. Apparentemente, sono l'unico occidentale nella stazione...
(continua)