domenica 13 dicembre 2015

Un mandala per Parigi e Kathmandu


Ho quasi fatto pensiero-forma. In partenza per l’India, all’aeroporto di Kathmandu, incontro tre ragazze messicane che prendono anche loro una coincidenza da Delhi. Me lo sono trovate anche vicine in fila (siamo partiti con più di due ore di ritardo), ma solo a Delhi non ho resistito e ho attaccato bottone: sono tre antropologhe! Non resisto e domando: “ma nepalesi e messicani non sono incredibilmente simili?” “Sì!” Mi rispondono, e indicando la più “india” delle tre ridono: “temevamo che a lei non la facessero partire…” Ma questa somiglianza è molto di più di una caratteristica somatica. Equivale a un messaggio: “sei sulla strada giusta”. Messico e Nepal sono state le tappe più importanti di questo anno sabbatico. Come racconterò più avanti, tra Kathmandu e Kochi, le profonde e destabilizzanti esperienze di questo anno hanno fatto corto circuito. Ci lasciamo scambiandoci gli indirizzi e una di loro mi regala una forcina per riparare il manico del trolley… Un gesto di delicatezza e intelligenza come solo può accadere nei fantastici “sud” del mondo, allenati ad arrangiarsi.

Un mandala per Parigi e Kathmandu

Parigi e Kathmandu hanno molti legami segreti. A volte magici. Per scoprire alcuni di questi segreti si può iniziare leggendo quello scioccante libro che è Flash, di Charles Duchaussois. Eppure non avrei pensato di poter assistere, almeno nella mia mente, al cortocircuito di queste due realtà.

Gli attentati di Parigi mi hanno colto nel viaggio fra Kathmandu e Kochi, dove sono arrivato la notte del 13 novembre. La mattina dopo ho ricevuto un sms: “hai visto quello che è successo a Parigi?” Stavolta la distanza dall'Europa, invece di attutire, ha amplificato ancora di più l'emozione, perché quanto ci siamo detti o meglio abbiamo ascoltato in questo mese da Viola non poteva non avere su di me l'effetto di: de te fabula narratur, questo racconto, per quanto dell'orrore, parla di noi. E dunque ecco apparire in tutt'altra prospettiva le scuotenti 'colazioni' nepalesi, in cui il furore di Viola appare oggi il grido disperato di chi cerca di svegliarci nel cuore della notte, mentre la casa brucia. Mi vergogno, ancora una volta, di non aver compreso la profondità e la vastità delle connessioni e delle implicazioni di questo "grido". Guardate quelle immagini e quei morti, non solo il numero ma il valore simbolico dei luoghi (tutto ciò accade dove nasce la "modernità" occidentale) e capirete perché una donna si sveglia tutte le mattine incapace di accettare l'ottusità umana. E dunque ci tiene inchiodati per due ore, con le fette di pane in mano, il caffè di traverso, il burro che si scioglie al sole. E non si arrende mai, ci parla, anche se sul volto le leggiamo una stanchezza e una fatica che fa paura, soprattutto a noi che non l'abbiamo mai nemmeno sfiorata. E ci stupiamo, e infastidiamo insieme, della sua forza, del suo coraggio, del suo caparbio rifiuto dello status quo. Perché lo fa? Perché non la smette? Chissà quante volte lo abbiamo pensato, con la faccia torta per non soffrire.

Dobbiamo capire che non può esistere soluzione possibile se non accettiamo di cambiare. Parigi, a distanza di meno di un anno, ci mostra ancora la nostra condizione attuale, quella di una apocalisse a puntate. Ma è la nostra apocalisse e ci siamo dentro non solo con i nostri corpi. Di tutte, forse questa è la verità più difficile da digerire per un occidentale.

Di che cosa altro abbiamo bisogno? Non chiedetemi come o che cosa. Non ho risposte -- nessuno ne ha. Ciascuno, in cuor suo, a questo punto del percorso conosce i propri nodi e i propri anatemi. Ciò che però non è assolutamente più tollerabile è perpetuare la nostra condizione di sonno.


P.S. Pubblico qui un piccolo regalo: è la mia traduzione di un passo del libro Kathmandu di Thomas Bell. Kathmandu 2015, con le sue macerie e i suoi mandala per la festività di Dewali, mi ha lasciato una profonda ferita d'amore, come non era successo in tanti anni. Viola ci ha spesso tentato di parlare del significato spirituale del Nepal e di questa città. A livello per così dire "superficiale", oltre all'incontro fra Oriente e Occidente, fornisce una chiave di lettura, come sempre parziale, per avvicinarci alla profonda diversità di questa cultura, nonché alla sua complessa, stratificata spiritualità. Ma il dialogo che vi propongo a mio parere contiene moltissimi elementi del discorso che abbiamo intessuto insieme in questo mese.

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