lunedì 24 novembre 2008

Torvaianipuram



Mamallapuram, 28 ottobre 2008

Il 27 mattina a Tiruvannamalai è arrivato a prendermi l'autista inviatomi dalla Moksha tour. Si chiama Sekar, è un cinquantenne taciturno e abbastanza prudente. Tiene molto alla sua vecchia Ambassador (un modello d'auto degli anni Sessanta qui molto diffuso) e ho notato che la mattina presto si sveglia presto per lustrarla. La prima tappa dopo Tiruvannamalai è stata Mamallapuram (Mahabalipuram), una sorta di Torvaianica subtropicale che mi ha accolto sotto i bombardamenti della festa di Dewali, che comincio a odiare cordialmente. Non capisco bene per quale motivo questa città attiri tanti turisti. La spiaggia è enorme ma il mare non è proprio un gran che e il casino sovrasta ogni cosa. Tuttavia i templi sono belli e vale la pena fermarsi un giorno per visitarli. A Mamallapuram ho fatto la mia prima esperienza di "ricerca disperata di hotel". Sarà l'unica costante ansiogena del viaggio, perché tra l'altro la Lonely Planet (possino cecalli) è totalmente sballata riguardo ai prezzi: qualsiasi costo riportato nella guida (ed. ital. 2008!), da un hotel al prezzo di un biglietto di un museo, va aumentato in media del 30%. Seccante.

Fatto sta che al terzo tentativo mi viene offerta una vera topaia a 600 rupie ("budget room", dice il tipo) infestata di zanzare e con lenzuola lerce nella quale resisto venti minuti, poi quando il tipo mi dice che l'uso della piscina non è incluso (ma fa un caldo boia!) mi irrito e cedo passando a una stanza decente a 850, "If you are happy, we are happy", dice il tipo e proprio non riesco a odiarli questi indiani, anche quando ti mettono nel sacco.

La visita ai templi di Mamallapuram (Five Rathas e il grande parco dove c'è il bassorilievo di Arjuna's Penance) è abbastanza veloce, anche perché la cittadina è veramente poco attraente. A rendermi nervoso ci si mette anche la macchina fotografica: due memory card su tre si sono sputtanate e solo Brahma sa perché.

Verso le venti ho cenato con una grigliata di ottimo pesce al famoso Moonrakers, ero il solo avventore e dopo un po' i due giovani camerieri si sono seduti di fronte a me per chiacchierare. Subito la raffica di solite domande indiane: come ti chiami, di dove sei, che lavoro fai, sei sposato, hai figli, ecc. Solita divertita meraviglia quando si dichiara il proprio stato di celibe: "uuhh. Why?". Ho notato che gli indiani appena capiscono che sei italiano si sdilinquiscono, giacché siamo gli unici europei che possano competere con la loro attitudine ciarliera.
Dopo mangiato ho fatto un giro - solita fatica per respingere le profferte a entrare dentro gli innumerevoli negozi di artigianato (di gran moda gli shop tibetani) - e ho trovato un piccolo ciabattino che in un'ora ha rimediato al furto nell'ashram sfornandomi un paio di bellissimi sandali neri "Ghandi style". Me ne sono tornato orgoglioso in hotel con le mie chappal nuove...

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