domenica 23 novembre 2008

Un dio ubriaco

Tiruvannamalai, 24 ottobre 2008

Scrivo a un passo dall'Ashram di Ramana Maharshi, a Tiruvannamalai (Tamil Nadu), dove ho trovato un internet point grazie a un signore belga mio vicino di stanza che si è impietosito della mia sperdutezza. Non so descrivere dove mi trovo. E' come essere stato catapultato nel cuore di un mondo sparpagliato. Un dio in vena di esperimenti, o forse ubriaco, ha preso il mondo per la coda, lo ha tirato su, lo ha scosso brutalmente e riversatone il contenuto a
terra. Il risultato è l'India.

Uomini, donne, polli, cani, vacche, scimmie, uccelli, acqua, fango, fumo, cibo e veicoli a motore (di qualsiasi fatta, giacché forse costruiti a immagine e somiglianza del caos di cui sopra) camminano, strisciano, zoppiccano, arrancano, si sovrappongono e infine convivono nello stesso spazio. Senza una meta apparente, avanzano convulsamente verso qualcosa. E' questo, credo, ciò che più sconvolge la mente di un occidentale: la mancanza di una direzione, di un progetto. Qui l'unico progetto è esistere. O forse no. Per questo fa tanta paura e la prima reazione e' di rifiuto assoluto. Ho visto cose di ogni tipo. Uomini che conducono carri trainati da buoi dalle enormi corna dipinte a colori vivi, camion aperti stracolmi di donne in sari, vicoli inondati da cui le donne attingono acqua. Tutte queste persone, dall'uomo avvolto da stracci all'elegante donna in Sari (le donne sono in media più dignitose) perlopiù camminano scalzi. Scalzi nel lordume più totale e assoluto. Oppure dentro un tempio tirato a lucido. E' esattamente lo stesso.

E poi questi cani e queste vacche, stesi indifferenti al centro di strade dove i veicoli corrono, strombazzano e si evitano sempre per pochi millimetri. Qui è il regno della collisione mancata --ma questo forse rientra nella teoria di cui sopra, stanno ancora assestandosi? Oppure pensano che la vita sia questa: come possono immaginare un mondo diverso, cioè ordinato? Una stessa strada perfettamente asfaltata, che dopo 50 metri si trasforma in un inferno di voragini, fango, ponti semi-crollati como dopo uno tsunami. Ho fatto quasi quattro ore di auto in queste condizioni. Con un autista che si sforzava di essere prudente, credo. Sulle strade, di tutto. Mendicanti che dormono fra lo sterco delle vacche e pulitissimi bambini e bambine in divisa. Tantissimi, sempre scalzi, recarsi a scuola. Cani e uomini storpi o ciechi o in preda a malattie e deformità che noi occidentali non possiamo nemmeno immaginare.

L'unica differenza fra i veicoli e gli esseri animati è che i primi sono dotati di clacson. Comparabilmente a questo casino, gli indiani sono persone riservate e silenziose. Il clacson riflette un mistero esistenziale in India. Sono incessanti, non si fermano mai. Il clacson sostituisce e sovrasta nelle strade ogni tipo di regola. Cioè il codice della strada non si basa sulla carta, ma sul rumore. Un passo della guida Touring mi illumina e dà un fondamento ontologico a tale fenomeno. La mano destra dello Shiva danzante regge il "damaru", tamburello a clessidra che scandisce la danza cosmica: "la vibrazione sonora è la causa prima dell'essere". Tutto è chiaro ora.

A ogni angolo l'India ti prepara una lezione. L'Ashram è un luogo tranquillo e pulito, ma la doccia la devi fare riempiendo un secchio d'acqua. Le regole sono abbastanza ferree. Dentro il recinto (vedi foto al lato) è obbligatorio camminare scalzi, anche sulla terra bagnata (ho beccato la coda del monsone), e il cibo viene servito su foglie di carrubo, per terra. Si mangia con le mani, accocolati, dahl e riso che vengono 'lanciati' sulle foglie da uomini che lo attingono da secchi di metallo. Per dessert uno spicchio di mela. Oggi mi sono svegliato alle 6, ho mangiato qualche biscotto di quelli che mi ero portato (meno male), ho fatto un giro nella libreria e poi sono tornato in stanza dove ho dormito fino alle 14.

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