giovedì 27 novembre 2008

Omaggio a Bombay



Trasgredisco l'ordine cronologico in cui appaiono questi commenti per tributare un breve omaggio a Bombay, colpita in queste ore da violenti attacchi terroristici.

Alle 21.15 di mercoledì 19 novembre ho preso un taxi che mi ha portato all'aeroporto di Mumbai/Bombay per rientrare in Italia. Più o meno alla stessa ora, ieri mercoledì, sono stati sferrati gli attacchi terroristici. Sono scioccato. E per varie ragioni. Innanzitutto perché la prima notte l'ho passata dietro il Taj Mahal, quell'edificio di stile indo-saraceno che ora vedete andare a fuoco su tutti i giornali. Il Taj Mahal, simbolo della ricchezza di Bombay, dove si concentra il lusso: tutte le griffes italiane hanno un negozio lì dentro. Volevo rimanere una settimana in più in India, e questa poteva essere la settimana da trascorrere a Bombay per ascoltare ancora Ramesh Balsekar, una delle ragioni di questo viaggio. Lui non poteva che vivere qui, in questa città straordinaria, onirica, inquinatissima, folle, ma tuttavia vitale come poche al mondo. Tutti mi avevano sconsigliato di rimanerci. "Ti deluderà", mi avevano detto. "E' piena di beggars aggressivi", mi avevano scritto. E invece Bombay mi ha conquistato dal primo attimo, quando in fila per il taxi all'aeroporto ho conosciuto un notabile musulmano gentilissimo, con occhi verdi sfavillanti, una barba e un sontuoso caffettano bianchi. Abbiamo fatto il tragitto insieme e mi ha spiegato le contraddizioni dell'India, incarnate dalla sua multimilionaria impresa familiare che da oltre un secolo fornisce hardware alla Indian Railway, senza essere quotata in borsa e ricevere prestiti dalle banche (è vietato dalla sua setta - scita - prestare o farsi prestare soldi con interesse). Lui in pensione, il figlio - ovvio - laureato alla London School of Economics che ha lasciato tutto e preso le redini dell'azienda familiare. E ora il buon vecchio fa crociere intorno al mondo con la sua signora. Insomma, Mumbai. Modello di convivenza fra musulmani e indù. Durante tutta la mia permanenza, nonostante il traffico, la calca, la pressione dei mendicanti e dei venditori, nemmeno per un solo minuto mi sono sentito insicuro in questa città. Molto meno ansiogena di Napoli o Palermo, tanto per dire. E questo nonostante i suoi dieci milioni di abitanti, e le immense baraccopoli che arrivano a lambire le piste dell'aeroporto internazionale. Alla "Maximum City" dedico una nuova cartella di foto, messa su stamane in fretta e furia sulla mia pagina di facebook, con tutto l'amore per il luogo che forse più mi manca di tutta l'India.

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